I formaggi rappresentano uno dei prodotti caseari più apprezzati e diffusi in Italia e nel mondo. Secondo la normativa italiana, un formaggio, o cacio, è il risultato della coagulazione del latte intero o parzialmente scremato, oppure della crema, mediante acidificazione o l’impiego di caglio, a cui possono essere aggiunti fermenti e sale. Questa definizione esclude quindi la ricotta, poiché ottenuta dal siero e non dalla coagulazione diretta del latte.
La vasta gamma di formaggi presenti sul mercato può essere classificata in base a diversi parametri, che spesso si combinano tra loro, come il tipo di latte utilizzato, il contenuto di grassi, la consistenza, la tecnologia produttiva, il periodo di stagionatura e la denominazione.
Classificazione per tipo di latte
Un primo criterio di distinzione riguarda il tipo di latte impiegato per la produzione del formaggio. In base a questa caratteristica, possiamo individuare:
- Formaggi vaccini. Realizzati con latte di vacca, rappresentano la categoria più diffusa e conosciuta.
- Formaggi pecorini. Prodotti con latte ovino, sono tipici di alcune regioni italiane come la Sardegna e il Lazio.
- Formaggi bufalini. Ottenuti dal latte di bufala, sono una specialità campana e pugliese, con la Mozzarella di Bufala Campana DOP come esempio più noto.
- Formaggi caprini. Preparati con latte di capra, sono caratteristici di alcune aree montane e collinari.
Se un formaggio è prodotto con latte diverso da quello vaccino, è obbligatorio indicare la specie di provenienza sulla confezione.

Classificazione per contenuto di grassi
Un altro parametro rilevante per la classificazione dei formaggi è il loro contenuto di grassi, espresso in percentuale sulla sostanza secca. Secondo la legge italiana n. 142/1992, possiamo distinguere:
- Formaggi grassi. Con un contenuto di grassi superiore al 35% della sostanza secca. Esempi noti sono la Robiola, il Gorgonzola, il Taleggio, il Bitto, la Fontina, il Montasio, il Bra, la Raschera, il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano e i Pecorini.
- Formaggi leggeri. Con un contenuto di grassi compreso tra il 20% e il 35% della sostanza secca.
- Formaggi magri. Preparati con latte scremato e con un contenuto di grassi inferiore al 20% della sostanza secca.
È importante notare che per molti formaggi DOP ottenuti da latte parzialmente scremato, come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano, l’Asiago, il Castelmagno e la Raschera, il disciplinare produttivo prevede solo un contenuto minimo di grassi sulla sostanza secca. Pertanto, questi formaggi, un tempo definiti “semigrassi”, rientrano oggi nella categoria dei formaggi grassi, in seguito all’abbassamento del limite discriminante dal 42% al 35% e alla tendenza a lasciare più grasso nel formaggio per aumentarne la resa e il vantaggio economico.

Classificazione per consistenza e contenuto d’acqua
La consistenza dei formaggi, strettamente legata al loro contenuto d’acqua, rappresenta un’altra caratteristica distintiva. In base a questo aspetto, possiamo suddividere i formaggi in:
- Formaggi a pasta molle. Con un contenuto d’acqua superiore al 45%. Appartengono a questa categoria prodotti come la Robiola, il Quartirolo, lo Stracchino, la Crescenza, la Mozzarella, la Burrata, il Gorgonzola, i formaggi caprini, la Casatella e lo Squacquerone. Possono essere con crosta (ad esempio il Taleggio) o senza crosta (come il Pannerone).
- Formaggi a pasta semidura. Con un contenuto d’acqua compreso tra il 35% e il 45%. Esempi sono il Ragusano, l’Asiago, il Bitto, la Fontina, il Bra, il Castelmagno e l’Italico.
- Formaggi a pasta dura. Con un quantitativo d’acqua inferiore al 35%. Rientrano in questa categoria il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano, il Pecorino Romano, il Montasio, il Pecorino Sardo e il Fiore Sardo.
È importante sottolineare che il contenuto d’acqua dei formaggi generici non è definito dalla legge e solo per alcuni formaggi DOP il disciplinare produttivo prevede un contenuto minimo di umidità. Inoltre, la consistenza del formaggio può essere influenzata anche da altri fattori, come il contenuto di grassi e il grado di stagionatura.

Classificazione per tecnologia produttiva e temperatura di lavorazione
Un ulteriore criterio di classificazione dei formaggi riguarda la tecnologia utilizzata e la temperatura di lavorazione della cagliata durante il processo produttivo. In base a questi aspetti, possiamo distinguere:
- Formaggi a pasta cruda. Quando la cagliata non subisce alcun riscaldamento oltre la temperatura di coagulazione. Esempi sono la Robiola, la Mozzarella, la Crescenza e il Gorgonzola.
- Formaggi a pasta semicotta. Se la cagliata viene riscaldata fino a un massimo di 48°C. Rientrano in questa categoria l’Asiago, la Fontina e l’Italico.
- Formaggi a pasta cotta: Ottenuti riscaldando la cagliata oltre i 48°C, come nel caso del Grana Padano, del Parmigiano Reggiano, del Montasio e del Bitto.
- Formaggi a pasta filata. Caratterizzati da una filatura della cagliata in acqua calda a temperature comprese tra 70°C e 90°C. Esempi sono la Mozzarella, il Fiordilatte, il Caciocavallo, il Provolone e il Ragusano.
- Formaggi erborinati. Vengono volutamente inoculate muffe che contribuiscono alla maturazione del formaggio con specifiche attività enzimatiche. Appartengono a questa categoria il Gorgonzola e il Castelmagno.

Classificazione per periodo di stagionatura
Il periodo di stagionatura rappresenta un altro fattore determinante per la classificazione dei formaggi. In base a questo parametro, possiamo individuare:
- Formaggi freschi. Ottenuti per coagulazione acida o presamica e non sottoposti a stagionatura, non presentano né crosta né microflora superficiale e vanno consumati entro pochi giorni dalla produzione. Esempi sono la Mozzarella, il Fiordilatte, la Crescenza e la Casatella.
- Formaggi stagionati a maturazione breve. Con un periodo di stagionatura non superiore a 30 giorni. Rientrano in questa categoria il Taleggio, il Murazzano, il Bra, il Quartirolo lombardo, l’Asiago, il Monte Veronese e la Casciotta d’Urbino.
- Formaggi stagionati a maturazione media. Con un periodo di stagionatura che non supera i 6 mesi. Esempi sono la Fontina, il Castelmagno, la Raschera, la Toma Piemontese, la Valtellina Casera, il Provolone Valpadana, il Caciocavallo Silano, il Canestrato Pugliese, il Pecorino Siciliano, il Pecorino sardo e il Bitto.
- Formaggi stagionati a maturazione lenta. Con un periodo di stagionatura superiore a 6 mesi. Appartengono a questa categoria il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano e il Fiore sardo.

Classificazione per denominazione
Un’ultima distinzione rilevante per i formaggi italiani riguarda la loro denominazione, che ne certifica l’origine e le caratteristiche produttive. Possiamo individuare:
- Formaggi a Denominazione di Origine Protetta (DOP). Prodotti in zone geografiche delimitate, osservando usi locali leali e costanti, le cui caratteristiche derivano prevalentemente dalle condizioni dell’ambiente di produzione. Questa denominazione è tutelata a livello europeo dal Regolamento (CE) N. 510/2006. Esempi di formaggi DOP sono l’Asiago, il Bitto, il Bra, il Caciocavallo Silano, il Canestrato Pugliese, la Casciotta d’Urbino, il Castelmagno, il Fiore Sardo, la Fontina, la Formaggella del Luinese, il Formai de Mut dell’Alta Val Brembana, il Gorgonzola, il Grana Padano, il Montasio, il Monte Veronese, la Mozzarella di Bufala Campana, il Murazzano, il Parmigiano-Reggiano, il Pecorino Romano, il Pecorino Sardo, il Pecorino Siciliano, il Pecorino Toscano, il Piave, il Provolone Valpadana, il Puzzone di Moena, il Quartirolo Lombardo, il Ragusano, la Raschera, la Robiola di Roccaverano, lo Squacquerone di Romagna, la Spressa delle Giudicarie, il Taleggio, la Toma Piemontese, il Valle d’Aosta Fromadzo e la Valtellina Casera.
- Formaggi a Indicazione Geografica Protetta (IGP). Prodotti sul territorio nazionale, osservando usi leali e costanti, le cui caratteristiche derivano da particolari caratteristiche delle materie prime o della tecnica di produzione, secondo il Regolamento (CE) N. 510/2006. Attualmente, l’Italia non ha ancora richiesto la registrazione di formaggi con questo marchio.
- Formaggi “Specialità Tradizionale Garantita” (STG). La loro specificità consiste nel rispetto di un dettagliato metodo di produzione tradizionale, senza un legame con una zona geografica specifica. Possono quindi essere prodotti su tutto il territorio nazionale e sono tutelati dal Regolamento (CE) N. 509/2006. In Italia, l’unico esempio è la Mozzarella STG.
- Formaggi tradizionali. Sono oltre 450 formaggi cosiddetti “regionali”, come il Formaggio di Fossa, la Burrata, il Cacio Marcetto, il Bagòss, il Piacentinu di Enna, il Casieddu di Moliterno, il Casolet Val Camonica, il Dobbiaco, la Paglierina Rifreddo, la Tosèla del Primiero, il Formaio Embriago e il Morlacco del Grappa.

Gli elenchi completi di queste categorie di formaggi sono consultabili sul sito del Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali.