Ne facciamo uso tutti i giorni anche se non ne siamo consapevoli, senza contare che non sappiamo assolutamente nulla di come vengono raccolte o coltivate. Usate fin dalla preistoria per l’alimentazione umana, da decenni in cosmetici e altri prodotti non alimentari, le alghe rappresentano oggi a livello mondiale un’industria tutt’altro che marginale e, soprattutto, una prospettiva di crescita.
Recentemente riscoperte come “novel food” dalle proprietà miracolose, le alghe sono proposte come l’ennesima promessa di alimentare le comunità più povere con cibi dal gran valore proteico, non più creando monocolture terrestri, ma tuffandosi nelle nuove praterie sommerse.
Le alghe: da alimento strano a cibo ricercato
La raccoglitrice di alghe selvatiche canadese Amanda Swinime, fondatrice di Dakini Tidal Wilds, sull’isola di Vancouver, racconta nel nella sua Food Talk La bellezza delle alghe, il suo approccio sano tra mare ed esseri umani.
Racconta Swiminer in un’intervista: «Per i primi anni dopo aver iniziato la mia attività, Dakini Tidal Wilds, nel 2003, ho venduto le mie alghe ai negozi di alimenti naturali e a un solo ristorante, specializzato in cucina crudista e vegana. La mia clientela a quel tempo erano principalmente persone interessate agli enormi benefici per la salute di questo alimento. Poco conosciute in Occidente, sfortunatamente le alghe godevano della reputazione di essere “strane e dal sapore di pesce”. Ma intorno al 2014 questa reputazione ha iniziato a trasformarsi da strana a meravigliosa. Ero entusiasta del fatto che stessero diventando riconosciute non solo per le loro proprietà salutari e nutrizionali, ma anche apprezzate per il loro unico umami. Attribuisco questo meraviglioso risultato in gran parte all’incredibile talento di molti degli chef che oggi svolgono un lavoro pionieristico».
Le alghe nelle cucine di Slow Fish: da Torino alla Basilicata
Antonio Labriola, 35 anni di Marsico Nuovo in Basilicata, psicologo criminale e consulente in ambito gastronomico a Torino. Per la sua regione in questi giorni propone una antica ricetta fatta con mischiglio, cioè un mix di farine un tempo recuperate dai contadini nei mulini e arricchite con rimanenze di farine di legumi, ceci, lenticchie e cicerchie. Impreziosito con spirulina che, oltre a fornire un buon profumo di mare e un grande apporto proteico, unisce mare e terra. Con il mischiglio Antonio realizza pasta tradizionale, come cavatelli e ferricelli che condisce con buon pescato delle comunità della pesca lucane e con gli immancabili peperoni cruschi, ingredienti che ben rappresentano l’indissolubile interconnessione tra mare e terra.
Dove può uno chef procurarsi le alghe? Quando è a Torino, Labriola le acquista in pescheria, oppure, quando è in Basilicata le raccoglie personalmente, esattamente come fa Amanda Swinimer. Non solo alghe, ma anche piante selvatiche marine, come la salicornia – o asparago di mare – e il finocchio di mare.
Un milione di esemplari di alghe
Secondo gli esperti esistono tra 30 mila e 1 milione di esemplari di alghe, e della maggior parte di esse non sappiamo assolutamente nulla. Quelle che conosciamo, e coltiviamo, al momento perlopiù per il consumo umano, secondo gli ultimi studi fruttano globalmente circa 6 miliardi di dollari, con una crescita esponenziale anno dopo anno.
I paesi che praticano l’alghicoltura sono 50 con la Cina e l’Indonesia che guidano la classifica, e condizioni sociali e remunerazione per chi ci lavora ai minimi livelli per mantenere i prezzi bassi. Stati Uniti ed Europa, per parte loro, in questi ultimi anni stanno cercando di recuperare a gran ritmo.