La normativa europea non prevede ancora un disciplinare di produzione per il vino biologico anche se da molto tempo ormai si discute di questo. Quindi ad oggi il consumatore può acquistare un vino fatto da uve biologiche che, anche se incompleto nella parte della vinificazione, assicura una tecnica di coltivazione dei vigneti rispettosa dell’ambiente e, soprattutto, che garantisce maggiore espressività ai vini.
Si può parlare, pertanto, solamente di vino prodotto da uve biologiche e non di vino biologico.
Il vino biologico non esiste
Coltivando i vigneti in maniera biologica, tuttavia, si esclude l’utilizzo di molte sostanze che oltre a peggiorare la qualità delle uve, le snaturano ossia le distaccano dal territorio di produzione.
Nei vigneti biologici non è possibile utilizzare erbicidi chimici, quindi oltre a favorire la vita nel vigneto si crea quella competizione radicale che spesso comporta una favorevole, spontanea riduzione di produzione per ettaro e quindi una migliore qualità.
Non si possono utilizzare trattamenti antiparassitari endoterapici (che penetrano all’interno della pianta) evitando quindi la loro possibile presenza all’interno degli acini e soprattutto si evitano i dannosi insetticidi chimici.
Ma uno degli aspetti importanti è l’esclusione di concimi chimici. Questi concimi a base di Azoto, Fosforo e Potassio creano delle vigne vigorose, assetate e uve sempre troppo annacquate, prive di sapore.
L’agricoltore che usa questi concimi diventa sempre più dipendente da essi perché unica fonte di presunta qualità della produzione realizzando in realtà uve senza sapore e più sensibili ad attacchi di parassiti che preferiscono piante ben nutrite e non arieggiate.
Tutto ciò che si aggiunge al vigneto (e anche al vino) in realtà si toglie!!
Si toglie il legame importante del vigneto, dell’uva e quindi del vino al territorio di produzione e ciò all’unicità e tipicità.
Anche la clonazione dei vigneti, ossia l’utilizzo di vitigni che hanno subito una selezione clonale concorre a questo, come l’utilizzo dei vitigni cosiddetti internazionali a scapito di quelli autoctoni e quindi unici.
Non per ultimo il mantenimento dei paesaggi viticoli che in agricoltura biologica e biodinamica sono più completi poiché impediscono, per necessità pratica, lo sviluppo troppo intensivo del vigneto, lasciando spazio ad altre culture e soprattutto al bosco fonte di insetti ed uccelli indispensabili nel controllo biologico dei parassiti. I territori viticoli se fossero stati coltivati maggiormente in maniera biologica e biodinamica difficilmente risulterebbero come un’infinità di vigne allineate tra un casello e l’altro dell’autostrada come è avvenuto in alcune zone di produzione di famosi vini DOC italiani.
Agricoltura biologica e biodinamica
L’agricoltura biologica e biodinamica riduce di molto la resa ad ettaro, evita gli eccessi di produzione, le eccedenze e le successive giacenze e la caduta dei prezzi.
La rincorsa all’elevata produzione, ha spinto l’allargamento di zone viticole storicamente collinari a territori pianeggianti molto fertili e poco vocati, l’impianto di varietà internazionali utilizzate per migliorare la qualità persa a causa dell’incremento delle produzioni delle varietà autoctone. Tutto ciò ha sfornato vini sempre più annacquati, snaturati, senza anima, e soprattutto privi del legame con il territorio origine e quindi maggiormente attaccabili dalla concorrenza perché omologati.
La qualità dell’uva biologica e biodinamica è nettamente superiore rispetto a quella convenzionale ma ciò non è sufficiente, perché con il processo di vinificazione si rischia di perdere il legame del territorio e tutto quello che faticosamente si è cercato di mantenere nel vigneto.
Non essendoci un disciplinare di vinificazione per il vino biologico si possono trovare nel mercato vini di qualità scadente o fatti in maniera molto industriale che hanno perso qualsiasi legame di riferimento al territorio.
Basta poco per rovinare un vino: utilizzo di lieviti selezionati soprattutto quelli spiccatamente aromatici, utilizzo di enzimi estrattori, di tannini enologici di varia natura e sapore , di chiarificanti in modo sconsiderato ( gelatina, caseina, bentonite etc), di trucioli di legno di vario sapore ed aroma, di filtrazioni inadeguate che non preservano il vino, e non per ultimo di dosi elevate di anidride solforosa. Ecco perché sono nati alcuni movimenti di “vino naturale”.