Niscemi, in Sicilia, è conosciuta come la “capitale dei carciofi”: da oggi due produttori si occuperanno del rilancio della varietà locale tradizionale, quella che già un secolo fa veniva venduta nei mercati di Roma.
Un carciofo buono ma delicato
Il nostrale è un carciofo che non ha avuto la fortuna commerciale degli altri, semplicemente perché è delicato. Quando viene raccolto dev’essere consumato entro due o tre giorni, altrimenti il suo aspetto tende a guastarsi. Di sapore rimane buonissimo, assicura la fiduciaria della Condotta Slow Food, ma diventa meno vigoroso e turgido, pagando quindi lo scotto di una concorrenza che spesso passa anche dall’apparenza. «È come un fiore che, una volta raccolto, appassisce nel giro di qualche giorno. Insomma, patisce questo problema estetico di conservazione, ma che non influisce sulle qualità organolettiche. Così, complice l’avanzata di varietà più resistenti, il nostrale è andato quasi perduto.
Un secolo fa i carciofi di Niscemi, quelli originali, venivano venduti addirittura ai mercati generali di Roma. I carciofi viaggiavano in treno da Caltagirone, una ventina di chilometri più a nord di Niscemi, dopo essere stati trasportati a dorso di mulo o nei carretti dai campi dove venivano coltivati.
Caratteristiche del carciofo nostrale di Niscemi
Il carciofo di Niscemi, anticamente soprannominato vagghiàrdu (“gagliardo” in dialetto) per l’aspetto vigoroso della pianta, non presenta spine; i capolini hanno la forma di un calice, le brattee, cioè le “foglie”, sono di colore verde chiaro con sfumature violette. Il cuore del carciofo è compatto, dal sapore delicato e dolce, e la presenza di pappo o “barba” è scarsa, motivo per il quale gli scarti sono molto ridotti.
Come cucinare il carciofo di Niscemi
In cucina il carciofo di Niscemi si può consumare crudo, in insalata, oppure bollito e poi intinto in un condimento di olio extravergine d’oliva, aceto e peperoncino, o ancora in risotti, ad esempio abbinato alla menta. La ricetta tradizionale, però, prevede di consumare i carciofi arrostiti: cotti sulla brace e poi conditi con olio e sale, eventualmente con l’aggiunta di pepe, aglio e prezzemolo. Una tradizione tramandata da decenni: i contadini erano soliti mangiare i carciofi arrostiti nei campi, cuocendoli sul carbone prodotto dai piccoli fuochi accesi per riscaldarsi nelle fredde mattine di lavoro. Diffusa, infine, la tradizione della ‘a carciofina, la tipica conserva siciliana ottenuta dai cuori dei piccoli carciofi di marzo e aprile, i più tardivi.
Presidio SlowFood
I prodotti italiani tutelati tramite il progetto dei Presìdi sono 350, si trovano in tutte le regioni e coinvolgono circa 2500 produttori. Nel corso del 2022 Slow Food darà vita a più di 10 nuovi Presìdi ampliando ulteriormente il proprio intervento a favore della biodiversità, perché ogni prodotto rappresenta un territorio e una comunità che in esso si riconosce e che lo sostiene. Nel mondo i Presìdi Slow Food sono oltre 620, in 79 Paesi.